Lisa, tu che sei un’insegnante ancor prima di ricoprire il ruolo di responsabile della squadra femminile, sbagliamo se affermiamo che ci sia un problema sociale di base nei giovani d’oggi, gli eventi accaduti tra Fiesole e Rondinella Juniores sono una terribile testimonianza…
“No, non sbagliamo affatto. Possiamo affermare con certezza che nei giovani di oggi ci sia una sempre più crescente difficoltà comportamentale e culturale dovuta ad una povertà educativa e un problema sociale di fondo che porta allo sviluppo di comportamenti antisociali in un crescendo di violenza pericolosa per sé e per gli altri. Ne sono l’esempio i sempre più frequenti e crescenti atti di bullismo, cyberbullismo e l’adozione di comportamenti a rischio che sempre sfociano e confluiscono nella violenza di gruppo che amplifica la prevaricazione sui pochi, vige la logica del branco, come è testimonianza l’accaduto a seguito della partita Fiesole e ASD Rondinella Marzocco”.
Un problema che nasce dai genitori e dall’isolamento? Oggi è più facile interagire attraverso uno schermo che “vis a vis”
“Un problema che nasce dalla fragilità dei legami familiari; genitori che sono sempre più avvocati dei propri figli, complici e amici. I genitori hanno sempre più assunto la logica della difesa dei propri figli partendo dai loro diritti e non parlando mai di doveri. Così invece di educarli si sono limitati ad accontentarli e a far crescere in loro il pensiero che tutto gli sia dovuto.
Sicuramente il lockdown, la didattica a distanza e il periodo di pandemia hanno portato i giovani a vivere in una sorta di bolla virtuale che ha confluito sui social la loro rabbia e violenza verbale con la diffusione di immagini, video ed espressioni di odio per le minoranze sui loro profili o pagine. Hanno così perso il controllo della realtà e il rapporto individuale faccia a faccia si è trasformato solo in un mero contatto fisico violento e in una violenza verbale”.
La direzione più corretta per le società di calcio sarebbe forse di allargare i propri orizzonti e cercare anche di unire in unica direzione una linea educativa da tessere assieme ai genitori?
“Certamente; la via più corretta e doverosa da parte delle società di calcio come enti educanti, è quella di creare un patto educativo condiviso con le famiglie: l’educazione e il rispetto delle regole in primis, l’accettazione dell’altro e l’empatia cioè il sapersi mettere nei panni dell’altro, riconoscendo le proprie emozioni, positive e negative. Quello che tecnicamente si chiama educare all’intelligenza emotiva”.
Che cosa suggerisci a riguardo?
“A tale riguardo proporrei iniziative congiunte tra le scuole e le società calcistiche per lavorare sulla prevenzione, lavorare sulla legalità e cittadinanza attiva al fine di dare un contributo per una società migliore”.